Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Fra Angelo Vitale, un frate cegliese in odore di santità

di Rosario Quaranta * 

            

        E' con vero piacere che presento agli amici di Ceglie un personaggio che ha onorato il paese natale con la sua vita vissuta all’insegna dell’umiltà e della penitenza e raggiungendo un grado di santità che ai suoi tempi lo rese famoso fuori della sua terra. 

E’ la storia di Fra Angelo Vitale (Ceglie 1595 – Bitonto 1666), un religioso converso o oblato (cioè non sacerdote) dell’Ordine dei Minimi, fondato dal grande taumaturgo della Calabria S. Francesco di Paola (1416-1506), che i cegliesi potranno ora conoscere e amare.

Studiando un antico manoscritto che narra le vicende della Provincia di Puglia dei Minimi o Paolotti, ho ritrovato nel capitolo dedicato al convento di Oria, il ricordo di questo esemplare religioso: Historialia Monumenta Chronotopographica Provinciae Apuliae Ordinis Minimorum S. Francisci de Paula. Collecta, atque Digesta a Reverendo Patre Antonio Serio Ex Provinciali eiusdem Provincia Alumno. Il manoscritto è del 1735 e si conserva nell’Archivio Generalizio dell’Ordine dei Minimi presso il Convento di S. Francesco di Paola ai Monti in Roma. Il suo autore è il P. Antonio Serio, nato a Grottaglie nel 1666 e morto verso il 1740, storico ed ex provinciale del medesimo ordine.

S. Francesco di Paola

La storia di Fra Angelo colpisce per quelle caratteristiche di ingenua e fresca semplicità evidenziata nel racconto degli eventi prodigiosi compiuti dal Venerabile servo di Dio.

San Francesco di Paola nell'incisione del manoscritto

Unico rammarico è la sorte toccata alle sue spoglie mortali, trafugate da Bitonto, con arroganza e nottetempo, da un superiore generale dell’Ordine che presumibilmente le portò in Roma e delle quali nulla più si è saputo.

Il testo, del tutto inedito, viene riproposto in versione italiana e nella sua originale redazione latina.

Convento di Oria
(…)
Tra questi frati religiosissimi, i nomi e le gesta dei quali per colpa dei predecessori sono caduti nell’oblio, affinché quelle poche cose che sono rimaste fino ai nostri giorni non vengano cancellate del tutto, abbiamo avuto cura di eternare le gesta ammirevoli di un Venerabile Oblato che, per fama di santità e per grazia di miracoli, risuonavano, a detta di tutti, per l’intera la Puglia, in modo tale che, se fosse stato iniziato un processo giuridico, senza dubbio egli oggi sarebbe venerato come un santo. 
Era trascorso dunque un decennio da quando i nostri frati erano entrati a Oria, e per chiedere l’elemosina, molti indossarono l’abito dei Minimi a Ceglie, paese a dodici miglia della diocesi, chiamata Celia da Tolomeo (come riferisce Leandro nella Descrizione di tutta l’Italia), città antica, i cui abitanti sono devotissimi del Santo Padre Francesco di Paola e manifestano grandissima famigliarità verso i Nostri. Il primo che venne tra noi fu Fra Angelo Vitale; questi, nato da onesti genitori il 26 novembre 1595, educato nel timore di Dio, il 26 novembre 1612, fu ricevuto tra i novizi conversi a Monopoli dal Reverendo Padre Provinciale Ludovico Romanelli che aveva conosciuto la sua spiritualità.

L'introduzione del manoscritto trovato dal prof. Quaranta Il Padre Dionisio Colucci nel suo manoscritto “Vita del venerabile Padre Bonaventura da Martina”, fugacemente ricorda diverse cose, così scrivendo: “Frat’Angelo di Ceglie fu parimente un gran Servo di Dio, dotato di virtù, miracoli, e dono di Profezia. Fu religioso di Orazione e di Penitenza, attese alla vita interiore, tutto distaccato dal mondo. Il Padre Antonio Corso raccolse molte notizie per scriverne la vita a parte, che sarebbe stata di grande edificazione, e per il soggetto, e per la penna”.
  L'introduzione del manoscritto


Degli innumerevoli miracoli ottenuti dal Servo di Dio, uno soltanto ne riporta lo stesso Colucci, e cioè quello di aver mutato in vino, nel convento dei Carmelitani di Taranto, una piccola botte di acqua tirata fuori dal pozzo, essendo testimone per averlo visto il reverendo Padre Maestro Andrea Barrera, uomo privo di ogni sospetto, che governò anche la provincia.

Così anche io sono testimone per averlo ascoltato da una onestissima vecchia di nome Donata D’Elia, moglie del fu Cesare Tagliente, la quale qui a Grottaglie, in estate, quando presso il suo giardino venne richiesta da Fra Angelo, a lei molto caro, di somministrare una pietanza di verdure per i Frati, avendo in quel momento ritrovato del tutto vuoto l’orto in cui stava girando, dopo un po’ si sentì chiamare perché l’aiutasse a cogliere le verdure germogliate, e in tanta quantità che la donna rimase stupefatta; e divulgato il miracolo, il rimanente restituì la sanità a molti infermi.

Ma altre cose più insigni egli operò a Bitonto, dove egli a lungo dimorò e dove morì; è cosa incredibile come la sua fama si diffuse, al punto che si sarebbe potuto scrivere un gran volume, se i nostri oziosi frati, non so se per stimolo di virtù o piuttosto condizionati da una grassa ignoranza, si mostrassero così ingloriosi da non lasciare dopo di loro nemmeno il più piccolo segno d’ombra. Tuttavia del fatto che presso quei cittadini, nelle loro case private, siano stati ricevuti i benefici delle varie guarigioni di malattie, anche di un giovane nobile agonizzante, sul corpo del quale, come un novello Eliseo il nostro Vitale si adagiò e riacquistò subito la salute, parlano le estinte immagini. Quali fossero poi le sue virtù e quali mete di perfezione egli raggiunse noi raccontiamo trascrivendo le parole del Colucci: “Domandato il nostro Padre Bonaventura da Don Pietro Mantuano, chi fusse il religioso più perfetto, ch’erano in quel tempo nella nostra Provincia, li rispose, Frat’Angelo di Ceglie è più caro a Dio. Quando morì, restò il suo cadavere morbido, trattabile e bianco, come la neve, quando lui era un poco olivastro; stette tre giorni insepolto per il grande concorso de’ Bitontini, sforzandosi ogn’uno avere qualche cosa; non solo si tagliarono l’abbito, l’unghie del piede, e delle mani, ma anche li peli della barba, tanto era grande la devozione di tutta la città di Bitonto, dove fu conosciuto per un gran servo di Dio, e liberale con poveri, e benefattore di tutti, o con l’aggiuto temporale, o spirituale; morì nel mese di Gennaio, correndo gli Anni del Signore 1666. Fu posto dopo tre giorni dentro una cassa, preparata dal Signor Cardinale Crescentii, allora vescovo di Bitonto, e sepelito nella sepoltura de’ Frati”.

Ma un Padre generale (come si vocifera tra i nostri Frati Pugliesi, ma anche tra i secolari), nel visitare il convento di Bitonto, di notte e con l’aiuto di Padre Basilio Galetta e di Fra Placido da Matera, trafugate dalla cassa le ossa con i frammenti, di nascosto le portò via con sé, ingiungendo loro severamente di non dirlo a nessuno; per cui, se è vero quanto si dice, nella prossima stampa degli Annali dell’Ordine, verrà scoperto colui che in modo così ingiurioso danneggiò la Provincia spogliandola di un pegno così illustre.

Presso i Bitontini si conservano molte reliquie delle sue vesti, specialmente il mantello dalla famiglia De Franco, cioè la sua clamide che si porta privatamente agli infermi. Messo da parte un culto indebito, Dio per i meriti del suo Servo opera cose meravigliose (pp. 81-83)

Convento di Bitonto
(…)

In questo convento morì il Venerabile Fra Angelo Vitale, oblato di Ceglie, il cui ricordo abbiamo fatto nel convento di Oria, dove rinviamo il lettore per tutte quelle cose che sono accadute, specialmente circa il trafugamento del suo corpo. (p. 142)


(* Preside, storico)

 

*** Clicca qui per il testo originale in latino

 

 

(Pubblicato il 18/04/2003)

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