Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Il Convento e la Chiesa dei Cappuccini

di Pasquale Elia 

            

        I Padri Cappuccini hanno origine da frate Matteo da Bascio degli Osservanti della Marca d'Ancona. Egli ottenne, nel 1525, da Papa Clemente VII il permesso di indossare, ad imitazione di San Francesco, un grezzo saio con lungo cappuccio piramidale, di osservare alla lettera e senza dispense o privilegi la regola francescana, di vivere in rigida povertà, di esercitare il ministero di predicatore della penitenza.

            Lo stesso Papa con Bolla Religionis zelus del 3 luglio 1528, promulgò l'atto di erezione canonica della nuova Congregazione che si chiamò dei F(rati) M(inori) della vita eremitica.

            Il nome popolare dei Cappuccini derivò dalla forma del cappuccio. Essi si caratterizzarono per una strettissima povertà e per uno spirito di contemplazione e di preghiera diurna e notturna.

            I Religiosi si sostenevano con la mendicità quotidiana, vestivano rozzamente, a capo scoperto e a piedi scalzi, portavano la barba. L'eroismo della loro carità nella cura degli ammalati e degli appestati riportarono nella società l'austerità delle origini francescane; il popolo li circondò di venerazione.

Il Comune, allora Universitas, di Ceglie, intorno al 1540, si rivolse a Padre Tullio da Potenza, invitandolo a promuovere l'autorizzazione a costruire, nella nostra città, un convento per i frati Cappuccini.

            A quel tempo, purtroppo, non fu possibile aderire alla richiesta e forse non sarebbe stato mai possibile se tutta la popolazione cegliese non avesse continuato a rinnovare quella richiesta, frequentemente, fino a quando venne accettata.

            Il suolo per l'edificazione del convento fu acquistato dal Comune. Alcuni studiosi di storia locale, invece, danno il merito alla famiglia Sanseverino. Per quanto di mia conoscenza quanto sopra non risponde alla verità.

            Fu così che,…. finalmente, nel 1566, il Comune, a proprie spese, fondò il convento tanto sospirato con VENTI cellette alle quali se ne aggiunsero altre in seguito [cfr. Padre S. da Valenzano, I Cappuccini nelle Puglie, Memorie storiche (1530 - 1926), Bari 1926].

            Passarono gli anni e solo nel 1589 l'Amministrazione comunale poté disporre di un terreno adiacente per costruire anche la Chiesa. 

            L'Università, infatti, e per essa il Sindaco e gli Eletti il 27 agosto 1589 sottoscrivono un atto di permuta con il Rev. Antonio D'Urso, Abbate della Chiesa di Sant'Anna, il quale proprio in quel luogo aveva alcune case con giardino, per la costruzione del nuovo monastero dei PP. Cappuccini (ASBr., Notaio Cornelio Vacca, a.1589, C.177-178.INV.III.B.3.1.I.2).

            Nel 1647, fu celebrato a Ceglie nel convento dei Padri Cappuccini, il Capitolo di quell'Ordine francescano.

Due agiati proprietari e benefattori cegliesi, Apollonia Oliva e Gian Giacomo Albanese, vollero contribuire al sostentamento dei Padri partecipanti offrendo la prima, 40 rotoli (1 rotolo = gr.891) di miele, il secondo, una botte del suo migliore vino [cfr. Padre S. da Valenzano, cit. p.112; ASMi, Monasteri soppressi - Fondo di Religione, manoscritto cart.6502, (ex C.19), Tomo I, p.84. La cartella contiene 3 volumi manoscritti. Il titolo del I Tomo è: Catalogo dei soggetti più illustri tra i Cappuccini della Provincia d'Otranto, anni 1515 - 1659; P. Elia, Gli Ordini Religiosi a Ceglie Messapica, in Soste di Pietra, Latiano 2000, p.88].

            Secondo quanto scrivono gli stessi monaci nel manoscritto di cui sopra in quell'occasione si verificarono due fatti straordinari: la crescita miracolosa del miele e del vino di due devoti benefattori.

            Il cronista cappuccino riporta che, nonostante il consumo quotidiano del miele e del vino, quest'ultimo addirittura distribuito in gran parte a tutti i poveri di Ceglie e una grande quantità fosse stata donata al Principe di Francavilla, i recipienti erano sempre pieni, non si svuotavano mai. Ecco il motivo per cui i monaci parlano di crescita miracolosa.

            La Chiesa, munita di un campanile a vela con due campane di piccole dimensioni, fu dedicata a Santa Maria della Consolazione, per l'Ufficio del Registro di Ceglie era intitolata, invece, a Santa Maria degli Angioli [ASLe., Verbale di possesso dell'Ufficio del Registro di Ceglie Messapico in data 6.2.1862 - Direzione Demaniale di Lecce - Amministrazione del Fondo per il Culto - Benefici (b.29 - fasc.258 - anno 1862 - 1866)].

            Sotto il pavimento della navata centrale era luogo di sepoltura oltre che per i frati del convento anche per altri ecclesiastici.

            Dopo la soppressione degli Ordini Religiosi del 1861 (fu sequestrato dalle Autorità il 6.2.1862 e sgomberato il 31.12.1866 [ASLe., Verbale di sgombro (sic) dell'Ufficio del Registro di Ceglie. E' allegato elenco dei Religiosi che vennero sfrattati dal convento. Nove sacerdoti, quattro laici ed un terziario di Ceglie e un laico nativo di Taranto].

            Nella chiesa sempre aperta al culto, una fiorente e numerosa congregazione di terziari, tra l'altro, molto antica (cfr. Padre S. da Valenzano, cit. p.316), maschile (1860), femminile (1874), ha tenuto vivo l'amore a San Francesco e ai Cappuccini.

            In lo convento de' Cappuccini  - è riportato nel Catasto antico - un ortale di tre stoppelli (equivalente all'ottava parte del tomolo e a sette litri circa), con venticinque arbori di olive, tra piccioli e grandi che comprò dal quondam (col significato di defunto), Donato Rosso, sono circa anni 28 si stima ogni cosa ducati quarantadui (ortale ubicato dove oggi sorgono le case popolari e il vecchio macello comunale, odierna Piazza della Repubblica). Il vecchio macello comunale era l'ovile dei frati Cappuccini e, una volta, in quell'ovile si svolgeva anche la fiera zootecnica del Crocifisso e dell'Assunta.

            In la Fresa tre chiusarelle detta terre con arbori otto di olive piccioli e grandi le comprò da Francesco Nisi sono 28 anni, se sono retrovate per tumula quattro se stima per ducati cinquanta con l'olive ( ASBr, Catasto antico di Ceglie, a. 1603, p.457/v).

            Il 6 gennaio 1965 la chiesa dei Padri Cappuccini fu sede provvisoria della Parrocchia Maria Immacolata, Madre della Divina Provvidenza dell'Opera don Guanella.

            Quello stesso anno 1965, la Chiesa, a causa della mancata manutenzione e delle infiltrazioni di acqua, con ordinanza del Sindaco fu dichiarata pericolante (?) ed inagibile e quindi chiusa al pubblico per motivi di sicurezza. Per il motivo di cui sopra fu abbattuta ed al suo posto fu  costruito un nuovo padiglione dell'Ospedale civile.

            Era per davvero pericolante? Non poteva essere salvata? Io credo proprio di si.

            Il governo della nostra città è sempre stato in mano ad amministratori che non hanno mai avuto alcun rispetto del ricco ed antico patrimonio artistico, storico e culturale cegliese.  Quella Chiesa dei Padri Cappuccini era certamente la più bella e la più semplice fra tutte le chiese cittadine.

            L'abbattimento del convento e dell'annessa Chiesa deve essere considerata una grossa perdita della secolare storia della comunità religiosa cegliese e non solo cegliese. A mio avviso non era necessario abbattere quel complesso, esso avrebbe potuto armonicamente convivere con l'odierno nosocomio cittadino.

            La legge di soppressione degli Ordini Religiosi stabiliva che i frati potevano inoltrare alle Autorità competenti domanda di pensione. Infatti tutti i Padri Cappuccini della comunità cegliese chiesero il massimo della pensione perché sacerdoti e tutti elessero domicilio a Ceglie, tranne il laico Francesco Paolo Corrente, nato a Taranto il 27 febbraio 1826, il quale dichiarò di domiciliarsi in Grottaglie. Epicoco Nicola, terziario, di Ceglie si riservò di consegnare il certificato di nascita. Dai documenti in nostro possesso non risulta che costui l'abbia mai fatto.

            Il 6 febbraio 1862 furono sequestrate piccole quantità di derrate alimentari (grano, avena, olio, fave, formaggio), e lasciati in custodia ai frati tra l'altro "due campane di cui una rotta, una corona con diadema sulla testa dell'Immacolata della valuta approssimativa di L.40.00 ed un'altra in testa di un bambinetto L.12.00". All'atto dello sgombero, 31 dicembre 1866, le due campane risultarono entrambi rotte, mentre le corone della statua della Madonna Immacolata non furono trovate, evidentemente i frati le avevano trafugate e portate altrove. Io mi sarei comportato nello stesso modo e forse anche peggio.

            I Padri furono autorizzati a portare via solo gli oggetti personali, giusta i Regolamenti riporta il verbale.

            Nel 1867, durante l'epidemia di colera, il convento fu trasformato in ospedale e ricovero di mendicità. Facendo dei piccoli calcoli in quel complesso il nostro ospedale cittadino è rimasto per circa un secolo.

      

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