Antologia

Antologia letteraria. Scritti, narrazioni e ricordi di Ceglie Messapica (Brindisi)

 

 

Mistero su un rogito custodito nella biblioteca De Leo

di Pasquale Elia 

            

        Ho voluto studiare con molta attenzione il testo del documento del XIV sec. (si dice).

            L’attestato in questione necessita una duplice disamina: quella diplomatistica [per appurare l’autenticità e per analizzare l’atto nei suoi aspetti formali, come le dimensioni della pergamena (in realtà è un foglio di carta), lo stato di conservazione, i caratteri], e quella contenutistica (per identificare i personaggi ed il contenuto).

 

  1. LA DATA: la testimonianza non riporta l’anno, ma solo l’indizione.  Questa forma di datazione non è certamente tipica degli atti del Trecento pugliese, nel senso che oltre al giorno, mese ed indizione veniva riportato, all’inizio del documento stesso, anche l’anno,  seguiva quindi il nome dell’estensore, preceduto dalla qualifica indi la località ove veniva redatto l’atto ed infine il nome degli eventuali testimoni (ESEMPIO:  die quinto mensis decembris none Inditionis millesimo septingentesimo sexagesimo. in Brundisium. Nos Jannes …..reggius ad contractus Judex Notarius, et Testes, ecc., ossia il giorno 15 del mese di dicembre, 9° indizione, [l’anno] 1760 in Brindisi. Noi Giovanni….reggi giudice a contratto e testimoni, ecc.).

E’ giusto rammentare che questa forma è utilizzata dai notai dei nostri giorni. Da notare che anche i notai ecclesiastici usavano la stessa identica fraseologia.

Devo precisare che il foglio che stiamo analizzando è integro in ogni sua parte, non possiamo pertanto considerare  perduta la data a causa di danni allo stesso.

 Il documento non è una copia autenticata, tutt’altro, è invece un semplice foglio di carta (cm. 29x 41 all’incirca) abbastanza consistente, del tipo dell’odierno cartoncino, ripiegato in quattro parti, ben conservato, scritto in latino con inchiostro nero, calligrafia normale con molteplici contrazioni e ghirigori molto in voga all’epoca e rimasti in uso fino ad inoltrato XIX secolo. Le varie firme dei testimoni sono tutte state poste con la stessa mano, ossia tutto l’atto, firme comprese, è stato scritto dalla stessa persona.

           Altri elementi che non convincono sono primo fra tutti la materia oggetto dell’accordo (compra-vendita di diritti feudali) tra le due parti (Pino, Arcivescovo di Brindisi e Oria ed il miles Francesco di San Severino), alquanto strana per l’epoca (tarda età angioina) e, tra l’altro, quell’accordo non risulta abbastanza chiaro. Il Sanseverino e i suoi eredi e successori non potrebbero impetrare (il regale) assenso perché senza quell’ assenso la vendita non sarebbe valida.

 

  1. LA CANCELLERIA: il certificato esplicita la presenza di un sigillo dicti domini Francisci: se il potens vir Francesco di San Severino, miles, possedeva un sigillo, doveva disporre pure di una sua cancelleria, come avveniva per gli altri Sanseverino. 

L’atto proviene dalla cancelleria del Sanseverino o da quella dell’arcivescovo? A quanto di mia conoscenza fu rinvenuto nell’archivio della Curia brindisina. E se fosse davvero un atto notarile, (archiviato come atto n°55, fasc. 24, anno 1361, Biblioteca A. De Leo in Brindisi), perché non esplicita nel testo, come di regola, il nome del notaio estensore dell’atto? Infine manca il “signum tabellionis” ossia il sigillo notarile. Mi viene da pensare quindi che potrebbe non essere un “publicum istrumentum”, anche se nell’atto è riportato testualmente “….pubblico contratto di vendita…..

 

  1. LA MONETA: nel documento si fa riferimento a fiorini d’oro e a carlini d’argento:  il carlino era certamente una moneta a corso legale nel ‘300.

Il carlino, infatti, moneta d’oro e d’argento, fu coniato nella zecca di Napoli da Carlo I d’Angiò, nel 1278. Quello d’oro, pesava gr. 4, 44 e valeva 14 carlini d’argento (Enciclopedia Italiana, Istituto della enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Milano-Roma 1931, vol. IX, p.31; Grande Enciclopedia De Agostini, Novara 1996, vol. V, p.461; P.Elia, Note di Metrologia, Monete, pesi e misure in uso nei secoli XVI-XIX, in Andare per proverbi, a cura di Enrico Turrisi, Mesagne 2000, p.137; www.ideanews.it/antologia; Chiara Piccolo Giannuzzi, Fonti per il  barocco leccese, Congedo Editore, 1995). E perché i fiorini? Il fiorino era una moneta fiorentina coniata per la prima volta in argento intorno al 1180. Fu anche coniata in oro, nel 1252 e fino al 1553 (gr.3,53 ca), si diffuse in tutto l’occidente come una moneta internazionale.

 L’uso del magnificus non ha riscontri nel ‘300. Venne diffusamente usato durante il periodo rinascimentale, mentre il documento vorrebbe essere del tardo periodo agioino (1361).

Non potrebbe trattarsi di un atto, per esempio, manipolato ad arte negli anni successivi per tutelare eventuali interessi della Chiesa brindisina nelle terre della Contrada di Ceglie del Gualdo? (Così viene indicata Ceglie nel supposto rogito). Operazioni del genere non sono stati infrequenti nei secoli passati, tutt’altro.

           

Mi preme precisare però che i personaggi citati nel documento sono tutti storicamente vissuti in quel periodo.

 

  1. SANSEVERINO: la casata dei San Severino o Sanseverino, è di origine normanna e nelle sue complicate e numerosissime diramazioni ebbe feudi in tutte le province (= regioni) del Regno: Campania, Basilicata, Calabria, Puglia.

 

  1. FRANCESCO SANSEVERINO: Il magnificus Francesco di San Severino miles non è connotato in alcun modo, cioè non è “conte di” o “duca di” o “signore di” o più semplicemente “filius”; è solo “potens vir”: risulta, pertanto, molto più difficile identificarlo, poiché tutti gli atti ufficiali che sono stati pubblicati sui Sanseverino riguardano in genere coloro che hanno avuto la titolarità di feudi. Potrebbe però essere il figlio secondogenito o terzogenito o ultrogenito.

Devo ritenere che trattasi di quel Francesco Sanseverino, signore di Nardò (1409), figlio di Guglielmo Sanseverino, signore di Policastro, Sansa, Padula e Montesano (a sua volta figlio ultrogenito del grande Tommaso II Sanseverino, conte di Marsico Nuovo in Basilicata, vissuto tra gli ultimi decenni del ‘200 e i primi del ‘300). Quel miles Francesco, dunque, fu un cadetto del grande ramo dei Sanseverino, conti di Marsico (cfr. Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano 1932, p.105).

Nella storia di Nardò [Civitas Neritonensis, la storia di Nardò di Emanuele Pignatelli ed altri contributi (a cura di) Marcello Gaballo, Congedo Editore, Martina Franca, 2001], il personaggio in questione è sconosciuto, ma viene citato il figlio Luigi (fu signore, infatti, di Nardò nei primi anni del 1400, morì nel 1435), e il figlio di costui Tommaso, nel 1438, dovette fuggire dalla città perché assalito a tradimento (Marcello Gaballo, cit. pp.67-68).

Altri studiosi riferiscono che Francesco Sanseverino non ebbe figli dalla moglie Isabella.

Il miles Francesco Sanseverino, proprio perché non poteva ereditare la titolarità dei feudi  (“potens vir”), per garantirsi comunque degli introiti, acquista quei diritti feudali che l’arcivescovo aveva nella Contrada di Ceglie con i suoi uomini e vassalli, selve, boschi, acque, pascoli e loro pertinenze, ipotecando a sua volta i diritti, frutti, redditi e proventi del Casale di Borgagne (?) con uomini e vassalli, diritti e pertinenze sue, che detto signor Francesco da parte della signora magnifica donna Isabella, consorte dello stesso signor Francesco, aveva, teneva e possedeva nel [territorio]di Otranto.

 

  1. ISABELLA, MOGLIE DEL SANSEVERINO: Trattasi di Isabella de Sabran, figlia di Guglielmo, Conte di Loreto, di Celano e Governatore di Molise e Abruzzo e di Francesca Celano. Era la vedova di Pietro Di Tocco (detto Petrillo), 1° Conte di Martina fin dal 1348. Costui aveva ricevuto il titolo su Martina da Giovanna I, regina di Napoli.

 

  1. FRATER PINUS, Pino Giso, nacque a Genova, appartenente all’Ordine dei Predicatori, quindi domenicano, già vescovo di Ventimiglia, fu trasferito a Brindisi, il 2 novembre 1352, dove assunse la carica di Archiepiscopus Brundusinus et Horitanus e vi rimase fino alla morte avvenuta nel 1378.

 

  1. CASALE BUCCANE o BORGAGNE (?): Non ho potuto risalire al Casale in argomento, purtroppo. Potrebbe trattarsi di uno di quei centri che sarebbero scomparsi di lì a qualche decennio in tutto il Mezzogiorno oppure qualche piccolo insediamento che poi ha cambiato nome.

 

Aggiornato il 31/03/2003

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