Mentre il Tar sospende il passaggio alla gestione pubblica e il governo impugna la legge regionale, oltre cento dipendenti si riuniscono a Ceglie Messapica
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di Mino De Masi
Cosa ci fanno cento lavoratori raccolti in uno stanzone in un torrido pomeriggio di mezza estate? Non rischiano di perdere il posto, almeno per ora, non lamentano ritardi nel pagamento dei salari né decurtazioni sottratte da quelle strane voci che l’Italia del “nero” considera ormai strutturali al contratto, non recriminano neppure posizioni a proprio favore. A sentir loro è un esercito rimasto senz’armi pronto a imbracciare la causa della gestione pubblica pur di riprendere quella “mission” sintetizzata nella commovente e appassionata testimonianza di un fisioterapista storico: “Stiamo assistendo ad un progressivo impoverimento del nostro lavoro, ma noi che siamo a contatto con i pazienti, con il loro dolore, con quello dei loro familiari, non possiamo accettare il depauperamento dei servizi con la motivazione che manca il personale”.
Sono i dipendenti del Centro di riabilitazione di Ceglie Messapica, pronti a lasciare il vecchio (e attuale) datore di lavoro per passare alla gestione pubblica. Gente motivata. Non può essere diversamente, perché il turno di servizio, le loro giornate, le loro emozioni portate in famiglia continuano a parlare di dolore e di successi, fanno condividere disperazione e speranza, intrecciano il coraggio e la rassegnazione su quella confusa altalena dove alla fine pazienti e assistenti diventano un tutt’uno. Certo, probabilmente c’è chi sfugge all’emozione cedendo alla routine o al proprio interesse, ma l’esiguità di un numero comunque probabilistico non può servire per coprire, talvolta infangare, i meriti di tutti gli altri.
Le reazioni agli oratori, le testimonianze a piè di tavolo piano piano fanno capire perché quel centinaio di operatori sanitari ha voluto fare squadra: qui non è in gioco il posto di lavoro ma un’etica consolidata in corsia, tra persone che chiedono aiuto, in un giacimento di dignità che quanto meno dev’essere reversibile.
Sono consapevoli dei rischi che corrono perché sembra ormai compromesso il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Sanno anche che la loro pretesa del posto fisso nel pubblico sarà facile preda della retorica “fannullonistica” che presto si scatenerà sui social. Sbandati ma determinati, preoccupati di quella che appare la doppia sconfitta del 22 luglio, eppure soddisfatti per essersi ritrovati insieme. Loro, che all’alba di ieri sono “transitati” nell’Asl di Brindisi soltanto per alcune ore e poi di nuovo restituiti all’amministrazione della Fondazione San Raffaele per un guazzabuglio tecnico-legislativo che ha fatto saltare ferie e nervi ai vertici della società romana, precipitosamente scesi in Puglia, e pure agli avvocati della Regione Puglia. In trincee opposte hanno dovuto preparare in una domenica di luglio le difese da proporre alla magistratura amministrativa. E il giudice ieri ha dato ragione ai vecchi gestori sospendendo delibera e auspici, dicendo di godersi l’estate e rimandando tutti a settembre, giorno 4.
Il richiamo alla mobilitazione, possibile anche uno sciopero
Ma sull’uno e l’altro fronte saranno settimane di fuoco, e non certo per l’anticiclone africano. La prima chiamata alle armi, un’adunata come non s’era mai vista già salutata come “partecipazione storica”, è venuta già nel pomeriggio con l’appello alla “mobilitazione attiva” invocata da Fabiano Amati, l’uomo solo e che ora ha paura, come dice e scrive sui social.
E’ il primo firmatario della legge regionale pugliese che internalizza, ovvero riporta alla gestione pubblica, il Centro di riabilitazione di Ceglie Messapica aperto quasi un quarto di secolo fa e da allora gestito dalla famiglia Angelucci. Un lungo tirocinio “sperimentale” diventato ordinario, forse un po’ troppo. Primi anni di entusiasmo, con dispiego di alta specializzazione, con strutture ed equipe professionali che con il tempo si sono assottigliate fino a livellare al ribasso – secondo l’accusa dei dipendenti ora diventata “tecnico-politica” – un servizio fondamentale capace di trainare la qualità della sanità brindisina.
“Non sarà ad agosto, non sarà a settembre e forse nemmeno il mese successivo, ma questa è una battaglia che si vincerà” scandisce Fabiano Amati all’incontro organizzato dal consigliere comunale di Ceglie Messapica Pietro Piccoli poche ore dopo la pronuncia del Tar di Lecce che congela il passaggio alla gestione pubblica dei servizi ospedalieri e del personale in forze alla Fondazione San Raffaele. E lo dice mentre a 500 chilometri il governo accoglieva, formalizzava e rendeva ufficiale la richiesta del ministro leghista Roberto Calderoli di impugnare ben tre leggi votate a approvate dal consiglio della Regione Puglia, tra queste la numero 21 del 30 maggio 2024 che prevede l’Istituzione del Centro regionale di riabilitazione pubblica ospedaliera di Ceglie Messapica (CRRiPOCeM). “Possono impugnare quello che vogliono, la gestione privata decade anche senza quella legge regionale che io ho proposto” brandisce Amati, strappando un corale applauso di pancia quando ammicca che “è caduto l’Impero Romano, figuriamoci…” con un intuibile riferimento ai pronipoti contemporanei di quella gens. Avvertendo pure che da queste parti albergano i consoli e le agguerrite propaggini, già al lavoro. L’avviso è affidato ad una metafora calcistica: “Vi ho promesso il pallone per Natale, ma dobbiamo stare attenti perché c’è gente che vuole forarlo” mette in guardia Amati, mentre Pietro Piccoli lamenta proprio il silenzio e l’assenza della politica locale. “Non vedo neanche Emiliano” annota Giuseppe Carbone, segretario della Fials. “Sapete che con il governatore ho un rapporto energico, però lui e altri colleghi si fidano di me” ribatte Amati.
In effetti alla riunione non ci sono rappresentanti politici, nemmeno quelli d’area. Avrà prevalso il timore che il confronto su un tema così delicato per il territorio sia un’enclave di appartenenza o, chissà, avrà preso il sopravvento la stizza di una primogenitura. Nella sauna ci sono però i sindacati: la Cgil, d’accordo alla mobilitazione, preannuncia con Luciano Quarta della Fp lo stato di agitazione e possibili scioperi; c’è la Cisl che denuncia le pressioni sui lavoratori, una stagione destinata a cambiare proprio grazie all’attenzione ormai accesa sulla struttura cegliese e alla ritrovata compattezza di lavoratori pronti a sfilare più in Procura che in piazza, visto le denunce di presunte irregolarità che tanto Fabiano Amati che il consigliere regionale Luigi Caroli hanno annunciato di portare in settimana all’attenzione della magistratura penale.
Sullo sfondo la futura gestione del costruendo Centro Risvegli
La sfida è complessa, la partita è alta, lo è sulle ricadute sociali, sulla continuità assistenziale e sulle prospettive a medio-lungo termine per ora rappresentate soltanto da una gru edile montata nell’area dell’istituto ospedaliero. Sullo sfondo non c’è l’ex (per poche ore) San Raffaele-Centro Neuromotulesi ma le opportunità che si aprono con il costruendo Centro Risvegli che qualcuno già pensa di sottrarre alla gestione pubblica. E forse questo voleva dirci quell’avanguardia dei cento lavoratori che oltre al caldo ha sfidato le consuetudini.