Radici e arbusti sui muri, pareti scrostate, guano in terra e sulle cornici, persino carcasse di volatili: dovrebbe essere il salotto elegante dell’ex convento dei domenicani. E’ purtroppo la vetrina di un disinteresse e di un’incuria che offende anche il glorioso passato di Ceglie Messapica
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di Domenico Strada
Qualche giorno fa, in occasione per il pomeriggio, presso il chiostro di San Domenico, della presentazione dell’ultima pubblicazione del professor Gaetano di Thiene Scatigna Minghetti, dal titolo “Lo Stigma del Potere. L’Aquila dell’Impero nel tempio domenicano di Ceglie Messapica”, si è pensato bene, come è prassi nei contesti ordinari, di fare una sorta di “sopralluogo preventivo” nella location prescelta.
Si è già avuto modo di parlare del lento ed inesorabile processo di degrado a cui sta andando incontro il complesso monastico-architettonico di San Domenico nella indifferenza dei più; purtroppo bisogna amaramente constatare che ci sono ancora ampi margini di peggioramento.
Cartoline da Ceglie, l’album che imbarazza








Il chiostro su cui si affacciano, ormai spente, le cucine da master chef e le aule didattiche di quella che fu la Scuola Internazionale di Alta Formazione di Cucina Mediterranea (sic), presenta un aspetto desolante immortalata nella documentazione fotografica allegata: intanto all’ingresso, sulla pubblica via, sono accatastate sedie e tavoli, si racconta, che facevano parte degli arredi di un vicino ristorante ora chiuso; le deiezioni dei volatili che hanno preso possesso della struttura, sono sparse sul pavimento ove giace pure il cadavere di un povero falco grillaio, morto stecchito per cause al momento ignote; intonaco rigonfio e scrostato in più punti, erbacce che si stagliano rigogliose nel cielo azzurro facendo da cornice al campanile.
Questo è lo scenario in cui l’altra sera si è parlato dell’aquila bicipide, emblema del potere imperiale, presente nella chiesa ora chiusa e quindi non più visibile, sconosciuto peraltro alla maggioranza dei cittadini cegliesi.