Negli ultimi tempi si nota un certo fermento verso il recupero dei tesori archeologici e i beni storici che arricchiscono Ceglie Messapica. Le cinte murarie, le tombe, il “tesoretto di Capece”, o la chiesa della Madonna della Grotta e il convento dei Domenicani. Ma l’amministrazione comunale sembra lontana e incapace di assumere un programma di recupero e valorizzazione. Si lavora alla mappa archeologica? “Non sappiamo, verificheremo” la risposta in consiglio comunale. E intanto mentre i “cento scaloni” sono aggrediti dalle fiamme per la sterpaglia fatta crescere dall’incuria e alcuni monumenti rischiano addirittura il crollo, si avanti nel disinteresse (e forse con l’incapacità) di alcune istituzioni
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di Francesco Moro
Stasera, lunedì 7 luglio, nel chiostro dei domenicani di Ceglie Messapica si terrà l’ultima tappa degli incontri organizzati dall’Unitre di Ceglie Messapica sotto la guida del Preside Pietro Maggiore dal titolo “Conoscere Ceglie”. In quella serata è prevista la presentazione del libro “Ceglie Messapica e le sue monete… e se fosse tutta un’altra storia?” di Pietro Maggiore, Domenico Strada, Antonio Curri e Jacopo Urso.
Ceglie vive un periodo per spirito e iniziativa principalmente privata in cui sembra quindi riaccendersi l’attenzione verso l’archeologia, la ricerca delle fonti storiche e la cura e la tutela del patrimonio storico, artistico e culturale, tra gli ultimi l’articolo di Jacopo Urso “Si regge sul ballo del mattone” che ha riacceso l’attenzione sulle precarie condizioni del complesso Madonna della Grotta.
Già nel mese di maggio era stato organizzato dal movimento civico Radici d’Impegno e dalla consigliera Isabella Vitale un incontro pubblico che si era soffermato sullo stato di fatto dell’offerta turistica a Ceglie e sullo stato di conservazione di alcune emergenze del territorio. Sono poi arrivati gli incontri organizzati dall’Unitre cegliese che hanno avuto al centro il testo pubblicato dal prof. Gaetano Scatigna Minghetti, sulla peculiarità del pulpito conservato nella Chiesa di San Domenico, e poi portato a Ceglie il professore Burgers, ordinario dell’Università di Amsterdam, tra l’altro autore alcuni anni fa della carta archeologica di Cisternino e della pubblicazione ad essa relativa di ben 192 pagine e direttore degli scavi archeologici presso Muro Tenente a Mesagne.
Il tema della conoscenza del territorio e della riscoperta archeologica sono arrivati anche nell’ultimo consiglio comunale del 2 luglio nel quale si cercato di capire lo stato di fatto di un eventuale iter di redazione di una carta archeologica riguardante il nostro territorio comunale, domanda per la quale molto probabilmente l’interrogante e forse chi fa un minimo utilizzo dell’albo pretorio conosceva già la risposta, cioè il Comune al momento è estraneo alla vicenda.
La cosa che invece più mi ha sorpreso è che l’Assessora all’Urbanistica si sia riservata di verificare se l’attuale strumento urbanistico sia stato redatto tenendo conto di una carta archeologica del territorio, sol perché lei non amministrava nel momento in cui il PUG veniva approvato.
Per essere di aiuto all’Assessora mi vien da dire che il PUG di Ceglie, ma potrei sbagliarmi, si è limitato a recepire i vincoli degli enti sovra-comunali ricadenti sul nostro territorio, senza che in realtà ci sia stato uno studio del territorio, o almeno si sia verificato ciò che avvenuto anche in altri Comuni pugliesi (esistono PUG con allegati studi dettagliati sulle masserie, sulla presenza delle specchie, dei menhir e dolmen), basti pensare ad esempio che a livello archeologico l’unico tratto di paretone fotografato e presente nelle relazioni del PUG non è nello stesso strumento sottoposto ad alcuna tutela, oppure ci sia dimenticati di inserire vincoli idrogeologici nel luogo in cui è notorio che esistesse quella che nell’antica toponomastica era chiamata “Foggia Nuova”, l’elenco delle occasioni perse potrebbe continuare.
Tornando all’oggetto del dibattere di questa serie d’incontri sul Conoscere Ceglie mi pare opportuno riferire il contenuto di documentazione recentemente individuata presso l’Archivio di Stato di Lecce riguardante alcune scoperte avvenute a Ceglie nell’arco temporale che va dal 1906 al 1911.
Le scoperte archeologiche nelle campagne di Ceglie
In particolare nel fondo prefettura dell’archivio è stata rintraccia documentazione sul ritrovamento di:
• del cosiddetto tesoretto di Capece, individuato da operai cegliesi intenti a realizzare lavori di sbancamento per l’allargamento della strada Ceglie-Francavilla, costituito da circa un centinaio di monete di argento, di cui alcune andate disperse in quanto furono vendute prima dell’intervento delle autorità. Le monete acquisite dall’ispettore dott. Quagliati furono: per la maggior parte monete di conio tarantino e si riferiscono per la maggior parte all’egemonia di Pirro (anni 282-271 a.C.) e alla prima alleanza romana/tarantina civitas faederata (272-235 a.C.) in particolare il 23 agosto 1909 il sig. Lagamba consegnava 22 monete, Paoletti Antonio 22, Di Presa Pietro 7 e Conte Domenico 10.
• un corredo funerario scoperto nell’ambito di lavori di dissodamento di un terreno tra le vie Amendola e Aia Lodedo del Cav. Lodedo, già sindaco di Ceglie, composto da due vasi di creta antica, uno bianco e l’altro dipinto di rosso portante effige

di uomo e di donna, circa settanta tazze di colore bianco e nero, 10 piattini neri, 2 animaletti di creta bianca, una cinta in tre pezzi di color oro verdastro con due fibie e 4 catenelle e infine diversi pezzetti d’oro e di orecchini e anelli, oggetti che furono tutti consegnati al sig. Lodedo;
• di una tomba in un terreno di proprietà di Pietro Petronelli nell’ambito di lavori di costruzione di una casa, all’interno della tomba si rinvenivano: uno scheletro umano, un’anfora e due vasi antichi;
• la presa in carico da parte dell’ispettore Quagliati di un kotyle apula con due figure rosse e alcune fibulette in bronzo detenute dal sig. Lodedo;
• il ritrovamento di una tomba in via Ospizio a oltre 3 metri di profondità contenete ossa e teschi umani nonché alcune anfore antiche.
La nostra terra quindi, già oltre cento anni fa, restituiva importanti ritrovamenti, ma lo faceva anche nella prima parte dell’800 con le numerose epigrafi rinvenute e studiate dal Mommsen, alla fine del 700 quando Mons. Kelafati, Vescovo di Oria, recuperava vari reperti archeologici di Ceglie e li trasferiva a Oria e molto probabilmente anche prima, visto che già nel 1754 Alessio Simmaco Mazzocchi riferiva di possedere una moneta proveniente da Ceglie, stessa moneta non inedita in quanto già pubblicata in Thesauri Britannici – pars altera.
I ritrovamenti precedentemente descritti in questo articolo furono tutti consegnati al Museo Nazionale di Taranto, se alcuni di questi sono più noti, in particolare quello del tesoretto di Capece, sarebbe invece interessante capire quale sia l’attuale collocazione dei ritrovamenti proveniente dal terreno Lodedo.

Una cosa è certa, oggi i principali musei del territorio: Taranto, Egnazia e Lecce, non prendo in considerazione Ceglie o almeno nelle loro stanza non ospitano l’esposizione di alcun pezzo proveniente da Ceglie. Il solo Museo provinciale di Brindisi espone il corredo di una tomba e alcune epigrafi messapiche. Spiace poi costatare che se i più importanti musei del territorio prima esponevano reperti provenienti da Ceglie, essi hanno poi deciso nella risistemazione delle mostre di riportare i nostri reperti nei loro depositi. Cosa fare quindi lasciare che questi reperti continuino a prendere polvere nei depositi, aggiungerei non solo di fuori terra ma anche del nostro MAAC, o forse è giunta l’ora di pensare a un nuovo allestimento museale?
In alcuni comuni a noi vicini lo si è fatto recentemente e lo si sta facendo. A Ceglie per il momento ci accontentiamo di quel che c’è, offrendo ai visitatori quello che potremmo definire un servizio di portierato che permette di visionare una mostra ferma al 1998.
L’Assessora Gervasi concludeva il suo intervento in consiglio comunale dicendo che si è aperti alla collaborazione con gli studiosi, si ascoltino però anche le segnalazioni di attenzione verso la cinta muraria messapica che sono state sollevate nell’ultimo periodo, si faccia vedere che si è interessati alla tutela della Chiesa Madonna della Grotta.

Un primo segnale c’è stato, dopo tanti e tanti anni lo stemma comunale in pietra è stato finalmente collocato al riparo dalle intemperie ma servono azioni più incisive che segnino il cambio di rotta in una storia di abbandono che va ormai avanti da troppo tempo e coinvolge siti posti anche immediatamente a ridosso del centro storico come i Cento Scaloni coinvolti in un incendio nelle ultime ore.

